mercoledì 23 settembre 2015

Ecco a cosa servono le bustine “Gel di Silice” che troviamo nelle scatole delle scarpe.

Vi è mai capitato di ritrovare nelle scatole delle scarpe delle bustine riempite con piccole sfere di gel di silice? Non buttatele, possono essere utilizzate in moltissimi modi. Scopriamo a cosa serve questo particolare prodotto.

A tutti sarà capitato di acquistare delle scarpe o dei capi di abbigliamento e di ritrovare nella scatola delle bustine riempite con delle piccole sfere. Si tratta di gel di silice e solitamente viene buttato nella spazzatura poiché nessuno sa a cosa serve realmente. Le bustine in gel di silice in realtà sono molto utili: proteggono dall’umidità e profumano le scarpe. Scopriamo quindi quali sono le sue incredibili proprietà che ci faranno capire che non conviene affatto buttarle nell’immondizia.


1. Manutenzione dell’argenteria – Il gel di silice è l’ideale per mantenere l’argenteria brillante. Basterà lasciare i sacchettini nei cassetti dove è riposta e non sarà mai più scura o sporca come accade spesso.

2. Recuperare lo smartphone caduto in acqua – Ormai ci portiamo lo smartphone dietro ovunque andiamo, anche in bagno e può capitare che cada in acqua. Nel caso in cui succeda una “tragedia” simile, bisognerà togliere la sim e la batteria e conservate tutti i pezzi del telefono in una scatola piena di sacchetti di silice per 48 ore. Vedrete che al termine di questa estenuante attesa, il telefono ritornerà a funzionare.

3. Combattere l’umidità –  Le bustine in gel di silice sono un ottimo deumidificatore e possono essere riposte in quelle parti della casa particolarmente umide. Ad esempio, se vengono messe accanto a dei libri, si eviterà il loro deterioramento.

4. Deodorare le scarpe – La maggior parte delle volte le bustine in gel di silice vengono ritrovate all’interno delle scatole delle scarpe. Il motivo? Basta inserirle all’interno delle calzature per eliminare ogni tipo di cattivo odore.

fonte: donnafanpage.

martedì 22 settembre 2015

I BENEFICI PSICOFISICI DELLA DANZA DEL VENTRE


A cura della Dott.ssa Monica Monaco
Premessa
Esistono numerosi benefici per il corpo e per la mente che vengono abitualmente associati all'esercizio di quest'antica arte, definita anche Danza Orientale, chiamata Raks Sharki in lingua originale e Belly Dance in inglese.
A livello fisico si verifica un miglioramento della circolazione sanguigna, del transito intestinale, dei dolori mestruali e di quelli della colonna vertebrale, sia a livello lombare che cervicale, mentre a livello psicologico i vantaggi ottenibili sono stati spesso indicati in termini di rilascio delle tensioni, di acquisizione di una maggiore consapevolezza corporea, di un senso di rinascita e di riscoperta della femminilità.
Si tratta di risultati che possono ricondurre la danza del ventre nell'ambito delle tecniche della fisiodanzaterapia, cioè un intervento che mira alla riabilitazione fisio-motoria attraverso specifiche tecniche di danza. Questa disciplina infatti possiede potenzialità di cura che, se attivate e gestite da professionisti adeguatamente formati e competenti, può essere rivolta alla prevenzione e al recupero di disturbi psicopatologici, attraverso la danza individuale, di coppia o di gruppo.
A questo punto si potrebbe cominciare a dubitare che si stia parlando della stessa danza del ventre che si crede di conoscere, poiché l'immaginario occidentale è ricco di danzatrici del ventre che si esibiscono per gli uomini, sottolineando più l'esperienza relazionale-sensuale legata a questa danza.E' dunque utile fare un passo indietro e tornare alle origini della danza orientale per comprenderne il suo significato antico che è strettamente connesso alle sue valenze terapeutiche psicofisiche e che consente di rileggere una simile esperienza nelle sue possibilità personali-terapeutiche per chi la compie, che tuttavia non escludono né la relazione, né la sensualità.
E' una sorpresa per molti scoprire che la danza orientale non nasce per essere uno spettacolo che allieta gli uomini, bensì come una danza delle donne per le donneche si ricollega ad antichi culti religiosi legati alla madre terra che propiziavano e celebravano la fertilità nelle antiche società matriarcali della Mesopotamia. Si narra che essa venisse danzata in cerchio intorno alla partoriente dalle altre donne che, in questo modo, partecipavano simbolicamente alla messa alla luce del nascituro, o ancora che fosse utilizzata durante le festività agricole per propiziare un buon raccolto.
La sua natura veniva associata dunque ad una femminilità-fertilità e non vissuta esclusivamente come sensualità.
Questi riferimenti storici rappresentano una premessa necessaria prima di incominciare l'approfondimento dei diversi aspetti che permettono di leggere le potenzialità benefiche di una danza che può rappresentare una forma di sintesi dei contributi della musicoterapia, della danzamovimentoterapia e della psicologia dello sport.
Aspetti terapeutici nella danza orientale
Partendo dall'idea che un'esperienza di confronto con la danza orientale è un vissuto prima di tutto personale, si possono meglio comprendere quali sono le caratteristiche che contribuiscono a farne un momento dalle possibilità terapeutiche.
E' uno dei primi elementi che, accompagnando gli incontri di danza del ventre, amplifica le potenzialità terapeutiche di quest'ultima, essendo di per se stessa un elemento benefico e curativo.
Essa infatti possiede alcune peculiarità, da lungo tempo studiate nell'ambito della musicoterapia, che hanno specifiche influenze fisiche e psichiche globalmente definite effetto di rilassamento.
Il cuore della musica orientale batte ritmi distensivi, pacificanti e tranquilli ma, allo stesso tempo, rallegranti i quali attivano facilmente una risonanza sui nostri ritmi fisiologici che tendono ad entrare in sintonia con essi.
Ne conseguono emozioni positive e sentimenti salutari come serenità, gioia, senso di fiducia nelle proprie abilità e intimità con se stessi, che dipingono di nuova luce persino i volti delle esordienti che decidono di sperimentare le prime lezioni di danza orientale. Forse sono proprio espressioni come queste che, catturate sui volti delle danzatrici orientali, hanno generato nuove denominazioni di questa disciplina nota anche come danza della felicità.
Il rilassamento è agevolato anche dalla monostrumentalità dominante in queste musiche flautate e piene di suoni ritmati, vibrati e profondi, prodotti da strumenti a corda, a percussione o aerofoni, lontani dagli interessi e dalle consuetudini musicali occidentali ormai piene di chitarre elettriche e suoni ottenuti da sintetizzatori.
Inoltre diversi studi neuropsicologici, compiuti grazie all'ausilio di moderne tecniche di bioimmagine, hanno evidenziato come in tali melodie le combinazioni sonore inarticolate e talvolta ripetitive stimolano la creatività dell'inconscio attraverso l'attivazione di diverse aree dell'emisfero cerebrale destro, deputato alle attività immaginative.La musica orientale è quindi, nella danza del ventre, il primo passo verso il recupero di aspetti spesso sovrastati dalle richieste logiche e razionali che la vita attuale ci rivolge costantemente.
Attraverso la musica e la danza orientale, la creatività ritrova un suo spazio dove la ragione si concilia con la passione. Questo aspetto benefico, legato ad una vera e propria forma di espressività artistica, è stato il motivo per cui una la danza del ventre è stata anche definita danza della poesia.
E' così che sui suggestivi ritmi dell'Egitto, della Turchia o del Libano, il corpo può diventare mezzo per disegnare e imitare le forme più svariate (cerchi, otto, onde, cammelli, gabbiani…) su cui si concentra, quasi in modo ipnotico, l'attenzione di chi le esegue, con il risultato che pensieri e preoccupazioni vengono abbandonate, almeno per un po'…
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In proposito, un'accanita fumatrice raccontava di non essere mai riuscita a distrarsi dal bisogno della sigaretta come le accadeva durante gli incontri di danza orientale! 
Il ritmo della musica cattura il corpo delle danzatrici trasformandolo in un vero e proprio strumento musicale. Le cinture di chiffon ricche di medaglie allacciate in vita ed i sonagli che abbelliscono il corpo delle ballerine permettono, attraverso movimenti caratteristici che coinvolgono singolarmente busto, fianchi e braccia, di partecipare alla costruzione e alla ricostruzione della melodia in una coreografia che lascia ampio spazio all'improvvisazione. Oltre al movimento di singole parti del corpo infatti, un altro principio su cui si fonda la danza del ventre è quello della libertà di manifestare quello che si prova (dolcezza, gioia, sensualità, malinconia, rabbia…) attraverso la combinazione e le varianti dei passi-base. 
Ciò può divenire un importante momento psicologico di catarsi in cui le emozioni abitualmente trattenute vengono espresse grazie ad un processo di sublimazione che opera una loro trasformazione in forme la cui manifestazione è personalmente e socialmente accettabile.L'espressione simbolica di sé trova in tal modo diverse strade che si intrecciano e, attraverso i processi creativi, acquista il sapore del gioco e della fantasia. Ne è un esempio il far tintinnare i sonagli sul proprio corpo che consente di conoscersi meglio aumentando la propria consapevolezza fisica attraverso un'esperienza sensoriale che ricorda la passione infantile per gli oggetti sonori che guidano alla scoperta del mondo.
Attraverso i movimenti coreografici e incantatori delle braccia che accompagnano i passi egiziani, tunisini, si scoprono allegramente le risorse e le potenzialità espressive del movimento di un corpo che spesso, nelle nostre civiltà, è vissuto esclusivamente all'insegna del bello e statuario. In questo modo, nel flusso sempre più morbido del movimento (fino ad ondeggiare come in un liquido!), trovano spazio le emozioni.La riscoperta del linguaggio del movimento consente di immaginare facilmente i vantaggi psicologici della danza orientale che, in tutti quei casi in cui il corpo è vissuto come un problema (ad es. dismorfofobie, disturbi alimentari, esiti di abusi sessuali…) può, pur senza sostituire ed escludere un opportuno trattamento psicoterapeutico ed eventualmente medico, aiutare a far pace con il proprio corpo e ad accettare la propria femminilità.
Il gioco con il velo tipico della danza orientale, denominata per questo dei sette veli, consente un'esperienza che in danzaterapia viene creata con l'utilizzo di stoffe di raso o di velluto allo scopo di far risperimentare la sensorialità, facendo rivivere il piacere delle carezze attraverso il contatto con i tessuti utilizzati e riattivando l'esperienza avvolgente di contenimento che permette di sperimentare quasi una seconda pelle.Lo spazio personale in questa danza non conosce limiti di sperimentazione se non quelli della condivisione, come spesso avviene, del cerchio che rappresenta il contesto in cui frequentemente si svolgono le lezioni di danza orientale.
Il contesto in cui si danza spesso, ma non sempre, è quello del gruppo di sole donne ed anche ciò può rappresentare una risorsa terapeutica fondamentale.
Danzare da sole e danzare tra donne sono due esperienze molto diverse.
La forte coesione che si può sviluppare anche in gruppi corporei come quelli di danza orientale spesso si manifesta mediante la creazione di un simbolo del gruppo che può essere costituito ad esempio da un nome, da un rituale, da un saluto, da un applauso finale, ecc…
La disposizione in una forma circolare che unisce senza un inizio e senza una fine, consente di celebrare un femminile positivo, che può aiutare a superare il rifiuto totale o parziale del proprio genere sessuale, presente talvolta in alcuni momenti evolutivi o in alcune difficoltà psicologiche.
Il gruppo di danzatrici del ventre inoltre permette un naturale confronto sul femminile , senza dovere esprimere verbalmente l'argomento, offrendo un' area protetta dove alcuni aspetti quotidianamente non svelati o non vissuti possono essere sperimentati, condivisi e rispecchiati reciprocamente.
Ciò assume un valore fondamentale soprattutto in momenti critici dell'evoluzione del sé femminile, quali la pubertà e l'adolescenza, ricchi di trasformazioni corporee (la comparsa del seno o l'arrotondamento dei fianchi) che possono così essere esplorate, elaborate e accettate con più facilità.
Un intervento evolutivo attraverso la danza del ventre la riconduce nell'ambito delle cosiddette danze educative che possono sviluppare autoriflessioni che concorrono alla formazione della personalità e dell'identità.
Un altro momento del ciclo di vita in cui il gruppo di danza del ventre può diventare un gruppo importante psicologicamente è quello della gravi-danza; in tale momento esso infatti si presta per la condivisione di un altro aspetto peculiare della femminilità: la generatività. Attraverso la sperimentazione di movimenti morbidi, lenti e dolci, le future mamme entrano in contatto con i propri figli cominciando a cullarli con i loro movimenti che, allo stesso tempo, rendono più elastici alcuni muscoli coinvolti nel parto.
In questo modo si possono consolidare le basi della relazione madre-bambino e, allo stesso tempo, la danza del ventre può essere cominciata a pensare dalle gestanti come una risorsa per rimettersi in forma allegramente dopo il lieto evento. Questo può tornare utile per affrontare le difficoltà che possono nascere nel rapporto con il proprio corpo cambiato dalla gestazione, contribuendo a prevenire uno degli aspetti cognitivi che sembra contraddistinguere l'autopercezione corporea nella depressione post-partum.
La presenza del maschile (non sono rari i bravissimi insegnanti e ballerini di danza orientale!) può rappresentare un livello intermedio nel passaggio dall'espressione delle parti di Sé riscoperte solo tra donne, alla loro manifestazione in un contesto più reale che è per sua natura misto.
Precisazioni
I benefici fino ad adesso chiamati in causa in relazione all'esercizio della danza del ventre potrebbero farla sembrare quasi una danza magica. Per questa ragione sono opportune alcune precisazioni conclusive da parte di chi crede negli interventi terapeutici seri e metodici:
  • cambiamenti terapeutici sono potenzialità della danza del ventre le cui manifestazioni e la cui intensità dipendono dalla disponibilità a mettersi in gioco e dalla costanza delle partecipanti, nonché dalla competenza del conduttore. Ciò significa che non tutte le lezioni di danza orientale possono avere tutte le valenze terapeutiche descritte. Conseguentemente la conduzione di incontri con obiettivi danzaterapeutici va affidata a professionisti adeguatamente formati o danzatori e danzatrici affiancati da esperti in danzaterapia.
  • L'esperienza della danza orientale , anche nella sua forma terapeutica più completa rappresentata dalla danzaterapia, non esclude la necessità di altre forme di intervento nel trattamento del disagio psicologico.
  • Il gruppo di danza , pur non nascendo come gruppo terapeutico, può fornire contributi positivi alla vita psicofisica delle sue componenti.
  • Prima di iscriversi ad un corso di danza del ventre è sempre utile sentire il parere del medico di fiducia e, in particolare in gravidanza, sottoporsi alla consulenza ginecologica in itinere.
Un sentito ringraziamento a Jamila, istruttrice di danza orientale e danzatrice del ventre (foto), guida magistrale tra le emozioni della danza orientale Monica Monaco
BIBLIOGRAFIA
Il presente articolo rappresenta una rilettura della danza orientale in termini di applicabilità nella danzaterapia. La letteratura sull'argomento è quasi inesistente; conseguentemente vengono riportati alcuni riferimenti che possono consentire l'approfondimento di diversi aspetti discussi:
  • AA.VV., Appunti e opuscoli degli incontri sulla danzamovimentoterapia.
  • Artusio F., 1987, Musicoterapia Orientale , Editrice Vita, Perugina.
  • Baldaro Verde J. (1987) Donna Maschere e Ombre, ontogenesi dell'identità femminile , Raffaello Cortina Editore, Milano.
  • Cantarella G. (2001) Gruppi terapeutici femminili . In:Vanda D.(a cura di)Il sogno del femminile. Percorsi di trasformazione attraverso i gruppi . Franco Angeli, Milano.
  • Hall Z.M. (1992) Group Therapy for Women Survivors of childhood sexual abuse. Group analisis , volume 25, n.4.
  • Panepucci A. (1995) (a cura di), Psicoanalisi e identità di genere , Laterza. BENEFICI PSICOFISICI DELLA DANZA DEL VENTRE

giovedì 10 settembre 2015

Gli ultimi saranno i primi.


In quel tempo, Pietro prese a dire a Gesù: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito». Gesù gli rispose: «In verità io vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà. Molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi saranno primi».

Commento al Vangelo del giorno: Gli ultimi saranno primi

Dio ha un grande cuore (cf lGv 3,20), e se guardiamo con sincerità la nostra vita, allora sappiamo bene che qualunque cosa abbiamo lasciato per lui, egli ce l’ha veramente ricambiata «cento volte tanto». Non possiamo superarlo in generosità. Dio non attende l’altra vita per darci la ricompensa, ma «dona fin da questa vita cento volte tanto» (Teresa d’Àvila), anche se questo mondo rimane un mondo di persecuzioni, di dolore, di sofferenze. (Joseph Ratzinger)

“Lasciare” è la parola chiave di oggi. A partire da Pietro, che, forse, con un pizzico di rammarico e di nostalgia fa notare a Gesù che la Sua richiesta è “troppo” alta. Gesù accoglie l’osservazione, ma aggiusta il tiro. Non per ricevere consensi, ma per ricordarci che avere non è tutto. Possiamo anche non avere “casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi”, ma tutti abbiamo un cuore che può diventare casa accogliente, fratelli e sorelle che giocano e sorridono, padri che si prendono cura dei deboli, madri che generano alla fede, figli di speranza, campi di carità. Possiamo anche non avere un futuro, ma di certo abbiamo tutti un passato e un presente da nutrire di fedeltà sempre nuova. A riguardo Madeleine Delbrel afferma: “Non dovete nessuna fedeltà al passato in quanto passato; darete fedeltà soltanto a ciò che a voi ha portato di eterno, cioè di carità”. Per fare il bene ogni luogo è buono. Ce lo insegna pure san Filippo Neri, le note della sua vita apostolica ci dicono che li visse all’insegna della libertà e della carità: “La vita contemplativa che egli attua è vissuta nella libertà del laico che poteva scegliere, fuori dai recinti di un chiostro, i modi ed i luoghi della sua preghiera: Filippo predilesse le chiese solitarie, i luoghi sacri delle catacombe, memoria dei primi tempi della Chiesa apostolica, il sagrato delle chiese durante le notti silenziose. Coltivò per tutta la vita questo spirito di contemplazione, alimentato anche da fenomeni straordinari, come quello della Pentecoste del 1544, quando Filippo, nelle catacombe si san Sebastiano, durante una notte di intensa preghiera, ricevette in forma sensibile il dono dello Spirito Santo che gli dilatò il cuore infiammandolo di un fuoco che arderà nel petto del santo fino al termine dei suoi giorni”.

venerdì 4 settembre 2015

Gray *_* come resistere a due occhioni di micio!

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"Non è la sofferenza del bambino che è ripugnante di per sé stessa, ma il fatto che questa sofferenza non è giustificata..."(Albert Camus)
Posted by La Matta *LorySmile* <3 on Giovedì 3 settembre 2015

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